La sentenza di primo grado che condannava la donna a 30 anni di reclusione era stata emessa dal Gip di Ragusa, Andrea Reale, il 17 ottobre del 2016. Il ricorso davanti ai giudici della Suprema Corte verte su dieci punti. Alcuni erano stati anticipati dal penalista nel commentare le motivazioni della condanna: l’elemento soggettivo del reato e la contraddizione della sentenza che parla di dolo d’impeto, ma anche di pianificazione con il sopralluogo di Veronica Panarello; l’assenza di movente; e la capacità di intendere e volere dell’imputata.